Sveglia ore 6.30. Aziz ci aspetta, e noi ci aspettiamo che sia riuscito a sistemare la Pegaso di Emiliano. Arriviamo li alle 8 dopo una veloce colazione, e ne usciamo poco prima delle 10 con nuova speranza per il prosieguo del nostro viaggio.
In mezzo 2 ore di chiacchiere con Aziz, con Remy che viene da Ait Benhaddou apposta per farsi sistemare il camper e con qualche marocchino di passaggio che ha vissuto in Italia (finchè c'era lavoro!). Aziz è un grande, è un vecchiettino con una barba cosi, ha un assistente più vecchio di lui con il quale litiga di continuo, la sua officina sembra la casa di Jason di Venerdi 13, ed è buono...sorride sempre e ti parla di lui, della sua Harley tutta a pezzi che sta nel retrobottega, della sua bicicletta Atala ("c'est itelienne"), mentre nel frattempo l'assistente lancia in terra in giro per l'officina le chiavi che ha finito di usare.
Giusto il tempo di caricare i bagagli e riattacchiamo lo sterrato del Cirque de Jaffar, pista che sale da 1500 mt fino a 2250.
Il Pegasino soffia sputa e bestemmia (Emiliano pure) per cercare di non affogare nella sua stessa benzina che si trova sempre più senza aria man mano che saliamo di quota. L'impresa di tenerla su di giri diventa sempre più ardua, e in uno dei punti più difficili in una ripida salita con sassi smossi inauguriamo la conta delle cadute (emiliano appunto...). Un minuto dopo lo raggiungo in classifica, sdraiando l'adventure cercando di ripartire sulla sopracitata ripida salita. Buono...2 cadute in pochi minuti, cominciamo forte!
Ci imita Marco a breve con una appoggiata dopo aver tentato di scalare la montagna fuori pista.
Le cadute però non ci tolgono buonumore e stupore per la bellezza dei posti che stiamo attraversando.
Raggiunto il punto più alto della pista iniziamo a scendere convinti che il più sia fatto...sciocchi! Il Pegaso nonostante le cure di Aziz va uno schifo, non sta acceso, quando si spegne fatica a ripartire, siamo su una strada pessima stretta che piega verso il fondovalle e devi stare tutti di traverso per non finire di sotto. Insomma...un casino, e infatti fatichiamo 2 ore per percorrere forse 5 km. Dopo aver raccolto Emiliano dentro ad un ruscello sempre a causa delle bizze della sua moto la strada fortunamente migliora e pur rimanendo sempre in quota intorno ai 2100 mt si fa più veloce e la guida del Pegaso si fa più spedita e fluida...e noi con lui. Cominciamo finalmente a prenderci gusto, a mangiare polvere con gusto e sudando contenti. Un paio di passaggi da pelo dritto sulla schiena brillantemente superati da tutti, anche dai battesimandi, e il Cirque è alle spalle!
Troviamo il tempo di sbagliare strada (facendo avanti e indietro per circa 50km di asfalto), di saltare il pranzo, di fare il pieno in un paesino microscopico dove la benzina sta in un garage dentro ad un bidone di latta, di chiedere indicazioni e di ricevere immancabilmente quella sbagliata (motivo in parte anche del nostro errore di rotta). Tutto questo prima di infilarci in un pomeriggio ad alto divertimento motociclistico/fuoristradistico e ad un alto godimento paesaggistico/naturalistico. Sappiamo che dobbiamo puntare su Tounfit e da li proseguire verso ovest per raggiungere Imilchil: escludiamo la pista che passa da sud perchè due signori in jeep lungo il Cirque ci hanno detto che quella sale a quote piuttosto alte incompatibili con i problemi di carburazione del Pegaso.
Il Marocco ha una cosa spettacolare: tu ti aspetti una cosa banale, tipo una strada asfaltata, ci sono dei paesi sulla mappa e tu pensi "saranno collegati da qualcosa di simile ad una strada no? NO! Convinti di fare solo asfalto ci siamo infilati a piedi pari dentro ad un pomeriggio di montagne brulle e gialle solcate da vallate verdi smeraldo, paesini dispersi nel nulla, canaletti che attingono la poca acqua dai torrenti fangosi per distribuirla capillarmente e far germogliare la terra dove non penseresti che fosse possibile, polvere. Polvere. Polvere. Mamma mia quanta polvere abbiamo mangiato e respirato!!
La strada è magnifica schiacciata com'è tra il fondo della valle e la fiancata della montagna, segue sempre il fiume sul lato destro e pare non finire mai. Ovunque bambini, decine di bambini saltano fuori dai posti più impensabili per correre sul ciglio della strada e salutarti, farti il dito medio, chiederti soldi, sorriderti, mostrarti un agnellino o magari guardarti semplicemente con 2 occhi grandi cosi senza sapere cos'altro fare. Con alcuni di loro ci scappano anche 2 tiri a calcio.
Ovunque, qui come da nessun altro posto che abbiamo visto fin'ora, un'infinità di ciuchini magri magri che portano in giro sul dorso persone e carichi molto più grandi e pesanti di quanto le loro zampe ossute sembrerebbero poter sopportare.
Quando ritorniamo sull'asfalto (ben contenti) sono le 18.30 passate e Imilchil dista ancora 80 km buoni. Siamo cotti dalla fatica, dallo stare in piedi per guidare queste moto pesanti e cariche, dalla fame, dallo sforzo di rimanere concentrati per non cadere. Chiediamo informazioni sullo stato di questi ultimi km che mancano, e riceviamo la solita rassicurazione che la strada è ottima e veloce: cosi è per buona parte, nella quale ci distendiamo e dopo tante ore finalmente riscopriamo l'ebbrezza di mettere marce superiori alla terza e di aprire un pò la manetta.
Ci riserviamo come aperitivo pre-serale gli ultimi 30 km fatti di asfalto ma interrotto spesso da tratti di 100-200 metri di strada bianca, un piccolo guado, buche assortite, una brusca risalita della strada fino a 2450 metri, una temperatura di 6°.
Per oggi può bastare...botta di culo troviamo appena prima di Imilchil un bell'albergo stile kasbah completamente per noi, molto pulito e soprattutto con un bagno enorme e doccia rovente.
Qui sono le 00.12, me ne vado a letto perchè sono in piedi dalle 6.30 e non so nemmeno più cosa sto scrivendo
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